01.12.2014 13:47
Che cos'è il non attaccamento?
"Quando i pensieri sorgono, distruggiamoli completamente proprio dove là appaiono, senza che lascino traccia: quello è il non attaccamento (vairagya). Proprio come il pescatore di perle, dopo essersi legato una pietra alla vita, si tuffa e raggiunge il fondo del mare, dove raccoglie le perle, così ciascuno di noi dovrebbe munirsi del non attaccamento, tuffarsi dentro se stesso e raccogliere la perla del Sé".
Più avanti il Maestro dice: "E' possibile conoscere se stessi solo attraverso il proprio occhio di conoscenza, non attraverso l'occhio di qualcun altro". Infatti: "Il Maestro mostra la via che conduce alla liberazione; non può trasportare di peso l'essere nello stato di liberazione". Ramana Maharshi
Grazie al mio Maestro, grazie alla pratica, om shanti!
28.11.2014 12:51
Quinto ramo dell'albero dello yoga, ci porta proprio verso lo stato meditativo (dharana, dhyana, samadhi). Ma cosa significa? Così come la mente si ritira verso l'interno, si concentra, durante la pratica, anche gli organi sensoriali, anziché essere orientati verso l'esterno (come lo sono normalmente) vengono direzionati ad una percezione interiore: quindi, ad una maggiore consapevolezza, poiché, anziché essere trascinati e travolti dagli stimoli esterni, restano in osservazione degli stessi. Nell'immobilità dell'asana, accade la profonda conoscenza integrativa di noi stessi e, dunque, la cura: dai sensi persi-dis-persi ad una integrazione tra fisicità e coscienza, per apprezzare la vita in ogni sua manifestazione consapevole.
22.09.2014 10:42
Quando scegliamo di intraprendere la pratica dello yoga o quando, per caso, capitando in una classe yoga "qualcosa" ci fa stare bene e decidiamo di continuare, pratichiamo una serie di ASANA, attraverso le quali il corpo diviene più forte, più sano e noi più consapevoli del corpo stesso. Uniamo alle ASANA, però, anche il PRANAYAMA, cioè il controllo del "soffio vitale", del respiro, dell'energia: come e dove dirigere l'energia senza disperderla acquieta il sistema nervoso, stabilizzando la mente; lo yoga inizia a divenire così uno strumento per affrontare la giornata e la vita in maniera più serena, più consapevole. Uniamo a questi due rami PRATYAHARA: gli organi sensoriali, solitamente trascinati e travolti dagli stimoli esterni, vengono attivati per una osservazione e conoscenza profonda di se stessi fino ad attivare una percezione più vivida, più chiara, un discernimento, una maggiore coscienza. Da qui, i rami "più interni": DHARANA: ogni ASANA è occasione di concentrazione (dharana appunto), così come il punto visivo in cui si rivolge lo sguardo. L'asana non è un esercizio ginnico e non bisogna identificarsi con essa, ma prenderla come uno strumento attraverso il quale coltivare gli altri rami dello yoga. La concentrazione va sviluppata tanto quanto un muscolo! Significa fissare la mente in un punto. Mantenerla ci porta in uno stato meditativo: DHYANA, che è il senso della pratica yogica. Svuotare la mente e contattare se stessi, nel "vuoto", nello spazio dentro di noi. Quando DHYANA è stabile e brilla di luce, si ha il SAMADHI. Quanto tempo per tutto ciò? Una vita fa un metodo, per essere onesti.
YAMA e NIYAMA sono i primi due rami, che accompagnano la vita della persona (non-violenza, verità, ecc...), e si sviluppano, come gli altri, naturalmente, attraverso la pratica.
OM, SHANTI!
25.04.2014 11:43
OM è un mantra, forse il primo, con il quale entriamo in contatto durante la pratica yogica. Spesso accompagnato da un'altra parola: "shanti". Dunque: "Om, shanti om". Cantandolo o sussurrandolo si avverte già un senso di pace. Basta provare. Perché?
Ripetere la parola "shanti", che contiene il suono "shhh", è rassicurante, calma il sistema nervoso. Infatti, se ci pensate bene, quando volete far calmare qualcuno, l'onomatopea utilizzata qual è? Proprio "shhhh!" Un sussurro di calma, si silenzio, che rimanda al suono del mare, o a un soffio vitale, a un respiro. Il sanscrito (lingua dello yoga), infatti è una lingua musicale, cioè dà significato anche ai suoni, dunque "shanti" vuol dire pace anche per il suono stesso. Non a caso nelle lingue da esso derivate (le nostre) il nome Gesù, in ebraico Joshua e simili significano portatore di pace.
Veniamo a OM, suono primordiale, cioè prima di ogni altro suono. In questa sillaba (A-U-M fusa in OM) vibrano le energie della coscienza formata (notate anche i parallelismi con la psicoanalisi occidentale) dallo Stato di Veglia, Sogni (quindi inconscio), Sonno profondo, che, attraverso la pratica yogica e la stessa vocalizzazione dell'Om, tendono allo stato di Illuminazione. Per fare ciò, bisogna squarciare quel velo di illusioni (velo di Maya) che spesso scambiamo per verità. Nella trascrizione di OM nell'alfabeto sanscrito è tutto molto chiaro, guardate:
Dunque, Om Shanti Om!
19.04.2014 08:43
Oggi abbiamo inaugurato il nostro nuovo blog. Continuate a frequentarlo e vi terremo aggiornati. Potrete leggere i nuovi post del blog tramite il feed RSS.